La chiusura del Cie di Modena, una delle più grandi vergogne di questa città

2 Gennaio 2014 by

L’ex CIE deve essere restituito ai modenesi: da luogo di reclusione diventi uno spazio pubblico al servizio della collettività.

È giunta la conferma della chiusura definitiva del Centro di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Modena per persone straniere prive di permesso di soggiorno. Furono istituiti nel 1998 quando la legge sull’immigrazione Turco-Napolitano aprì in Italia i Centri di Permanenza Temporanea (CPT), poi denominati CIE con la legge Bossi-Fini nel 2002. La definitiva chiusura del CIE, già inattivo da agosto, è una bella notizia che mette la fine ad una delle più grandi vergogne di questa città.

LA STORIA
Il CIE di Modena apre nel novembre del 2002 sull’onda delle campagne sull’insicurezza legata all’immigrazione
; erano gli anni in cui in le politiche della Lega facevano presa, e la nostra città si è affrettata ad aprire il suo CPT. Modena è stata l’unica città in Italia ad aver chiesto di essere sede di un centro di trattenimento per immigrati perché, si diceva, avrebbe contribuito alla sicurezza della città. Sin dalla sua apertura si è rivelato un luogo disumano, e l’illusione che Modena fosse in grado di gestirlo in una forma più civile che in altri luoghi d’Italia non si è mai avverata.

Diverse voci si pronunciarono contro la sua apertura, da noi di Rifondazione a gruppi informali e anarchici, sindacati di base e CGIL (anche delle forze di polizia), associazioni (ARCI, Carcere e città), gruppi di avocati, (ASGI, Avvocati Democratici). Nel corso degli anni diversi parlamentari e il gruppo immigrazione del Modena Social Forum hanno cercato di vigilare sul suo funzionamento e verificato nel tempo numerosi problemi tra i quali l’utilizzo del CIE come contenitore di ex carcerati stranieri insieme a semplici persone irregolari, infiniti casi di autolesionismo fino ad arrivare ai gravissimi episodi dei suicidi, innumerevoli casi di irregolarità, errori legali e negazione del diritto di asilo.

La situazione si è poi ulteriormente aggravata dopo l’entrata in vigore della legge Bossi-Fini nel 2002 e del Pacchetto Sicurezza nel 2009 quando si lega il possesso del permesso di soggiorno alla condizione lavorativa e si allunga fino a 18 mesi il trattenimento nei CIE. I CIE inaugurano in Italia la detenzione amministrativa, applicata soltanto a cittadini stranieri, e l’istituzione di luoghi esclusi alla società dove neanche il Sindaco, i consiglieri comunali o i giornalisti possono entrare senza l’autorizzazione del Prefetto.

LE VITTIME
Senza il permesso di soggiorno lo straniero non ha la possibilità di contrarre contratti di nessun tipo (dal lavoro alla casa), di usufruire di cure mediche o di iscrivere i figli a scuola, è espulso dalla società e, di fatto, condannato all’illegalità per la sola colpa di essere vittima. Vittima di condizioni intollerabili nel suo paese d’origine, vittima di leggi violente e razziste in Italia.

Si può dire che basta essere regolari per non finire nel CIE, ma ricordiamo che è proprio la Bossi-Fini a rendere complicatissimo l’ingresso regolare e quindi a favorire la clandestinità.

Modena da oggi non ha più il CIE, ma ne rimangono altri 6 in Italia, di cui chiediamo la chiusura assieme all’abrogazione della legge Bossi-Fini e del pacchetto sicurezza, perché sono leggi ingiuste per tutti, italiani e stranieri e perché sono la causa stessa dell’immigrazione clandestina. Quando si violano i diritti fondamentali di un’altra persona si stanno violando anche i nostri. Ribadiamo ancora una volta che il modo migliore per contrastare l’immigrazione irregolare resta quello di facilitare l’ingresso e il soggiorno regolare dei migranti in Italia.

Ma le vittime sono anche fisiche, perchè di CIE si muore, e nel carcere per migranti di Modena sono morte diverse persone, ed questa rimane una vergogna incallebile per questa città.

I FALLIMENTI
Il CIE di Modena ha fallito su tutti i fronti
: è lesivo dei diritti umani, non ha contrastato l’immigrazione clandestina (solo l’1,2% degli irregolari presenti in Italia viene rimpatriato attraverso il passaggio nei CIE), non ha aumentato la sicurezza dei modenesi (al contrario la necessità di presidiare il CIE ha sottratto forze dell’ordine dal controllo della città) ed è costato una quantità enorme di denaro pubblico finito nelle tasche dei gestori privati che si sono succeduti negli anni. I responsabili politici di questo fallimento, ovvero quegli amministratori e quei partiti che a tutti i costi vollero questa struttura oggi dovrebbero almeno chiedere scusa ai modenesi.

LA NOSTRA PROPOSTA
Ogni anno lo Stato spende per i CIE 55milioni di €, e dal 2005 al 2012 le politiche di contrasto alla clandestinità sono costate 1,6miliardi di €, senza raggiungere alcun risultato. In tempi di spending review queste politiche dovrebbero essere subito tagliate.

Il CIE di Modena per troppo tempo è stato un luogo escluso ai modenesi, per questo quella struttura deve essere restituita alla società, potendovi accedere e riconvertendola per un nuovo utilizzo.

1) Si aprano le porte del CIE chiuse agli occhi del mondo per troppo tempo e si permetta a tutti i modenesi di vedere dove e come donne e uomini venivano rinchiusi per 18 mesi con la sola colpa di non avere un pezzo di carta.

2) Proponiamo che l’ex CIE diventi uno spazio pubblico dei modenesi e dei migranti per un nuovo modello di politiche migratorie basate sull’integrazione in cui collocare anche quei servizi che oggi si trovano in ambienti inadeguati. Ad es. potrebbero trovare spazio all’ex CIE il centro servizi stranieri, oggi collocato accanto alla stazione dei treni in spazi ristretti, la sede dei corsi di italiano per migranti adulti, le attività di formazione per i carcerati; e ancora si possono trovare nuovi spazi per l’associazionismo modenese, a partire dalle associazioni impegnate nel lavoro con i migranti e all’interno del carcere. Insomma, si apra un dibattito sull’utilizzo dell’ex CIE, ma a partire dal presupposto che quello spazio da luogo di reclusione e sofferenza diventi uno spazio pubblico al servizio della collettività.

Judith Pinnock – segretaria provinciale PRC Modena

Paula Nolff – responsabile conflitti e politiche sociali PRC Federazione di Modena

2 gennaio 2014

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