Lotta al degrado o guerra ai poveri? Le contraddizioni dell’ordinanza di Modena

18 Giugno 2025 by

Nei giorni scorsi il sindaco Massimo Mezzetti ha annunciato il rinnovo dell’ordinanza “per il decoro urbano”, che impone nuove restrizioni agli orari di apertura di alcuni esercizi commerciali del centro città. Partendo dal presupposto che occorre una seria riflessione sulle norme che consentono di avere negozi aperti 24 ore su 24 nell’ambito di un’idea di società e socialità che è solo consumo, torna d’attualità un interrogativo che da anni aleggia sul dibattito pubblico modenese: a chi giova davvero questo tipo di provvedimenti? E soprattutto, chi ne paga il prezzo?

A essere colpiti sono ancora una volta, indistintamente, tutti i negozi di una certa tipologia – principalmente minimarket e alimentari cosiddetti “etnici” – localizzati in specifiche zone della città. Una misura che si presenta come neutra, ma che nei fatti si configura come selettiva e generalizzante: non distingue tra chi opera correttamente e chi no, non valuta le differenze di gestione o di comportamento, ma penalizza in blocco intere categorie di esercenti. Con il risultato paradossale di penalizzare anche attività che non solo non hanno mai creato disagi, ma che offrono anche un servizio nel quartiere.

Perché è bene dirlo chiaramente: non sono i negozi a causare episodi di inciviltà, ma alcune singole persone che scelgono – con maggiore o minore consapevolezza – di agire in modo scorretto. L’ordinanza, però, non coinvolge direttamente queste persone e non prevede percorsi di educazione civica, non rafforza i presidi sociali, non introduce interventi mirati di mediazione urbana. Si limita a chiudere i negozi ovvero a un’azione repressiva che non incide minimamente sulle cause di tali situazioni come l’esperienza dei fatti dimostra. È una toppa cucita male su un buco sempre più grosso.

C’è, infatti, un problema serio e crescente di consumo irresponsabile di alcolici, che è trasversale alle classi sociali e non si concentra certo solo nei pressi dei “negozi etnici”. Secondo i dati recenti dell’Istituto Superiore di Sanità, l’abuso di alcol è in aumento, soprattutto tra i giovani adulti e nella fascia 45–64 anni, ed è spesso più diffuso tra persone con redditi medio-alti, in particolare nei contesti urbani. Eppure, episodi di occupazione dello spazio pubblico, ubriachezza molesta o violenza legati a questi contesti non vengono attenzionati con ordinanze o chiusure. Perché?

Sul piano sociale, il messaggio è ancora più preoccupante. I piccoli negozi colpiti dall’ordinanza offrono prezzi accessibili a una fascia di cittadinanza che spesso non può permettersi i costi della “movida” di locali e ristoranti. Colpirli significa colpire anche i loro clienti: studenti fuorisede, persone con redditi bassi, lavoratori precari. In una città dove scompaiono panchine e vengono chiuse le fontane pubbliche, il centro storico è sempre più pensato per chi consuma, e l’alternativa alla socialità a pagamento non c’è. Si può restare a casa propria – per chi ce l’ha. Ma chi non dispone di un’abitazione adeguata, o semplicemente cerca uno spazio pubblico in cui vivere la città, resta escluso, marginalizzato, invisibile.

Questo tipo di “decoro”, insomma, rischia di essere il nome gentile di una politica di esclusione. Una politica che finisce per nascondere sotto una patina di ordine una realtà fatta di stigmatizzazione, rimozione dei poveri dalla scena urbana, e difesa di un’estetica cittadina fatta solo per chi può permettersela.

Modena merita di più. Merita politiche che affrontino i problemi alla radice, che riconoscano la complessità sociale del vivere urbano, e che sappiano distinguere tra chi crea valore e chi lo mette a rischio. Perché il decoro vero – quello umano, democratico, accessibile – non si ottiene con la serranda abbassata, ma con spazi aperti, sicuri, inclusivi e con la tutela della sicurezza sociale quella della garanzia dei diritti (un lavoro, una casa, la scuola e la sanità pubbliche) per tutte e tutti, indipendentemente da quanto possano pagare.

Rifondazione Comunista Federazione di Modena

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