La chiusura del punto nascita dell’ospedale di Mirandola era un destino già scritto

23 Dicembre 2022 by

Quello del punto nascita dell’ospedale di Mirandola era un destino già scritto. Quando si vuole chiudere un servizio lo si impoverisce, lo si rende progressivamente meno attrattivo, meno appetibile, meno sicuro, fino al momento in cui non ci sono più le condizioni per tenerlo aperto.

È la storia della “sospensione” del punto nascita di Mirandola disposta dall’Ausl di Modena prima ancora che il governo bocci la richiesta di deroga avanzata senza troppa convinzione dalla Regione, che già aveva ricevuto il parere contrario della Commissione tecnica regionale. Una “sospensione” senza data di scadenza, che di fatto sancisce la chiusura del punto nascita di Mirandola togliendo dall’imbarazzo tanto il Governo quanto la Regione.

L’assessore regionale alla salute, Donini, qualche giorno fa ha detto che la carenza di personale sanitario rappresenta ormai una “voragine strutturale”. Cosa è stato fatto per evitare di arrivare a questa situazione? Cosa è stato fatto per evitare la chiusura di un punto nascite che già da alcuni anni funzionava in deroga? Nulla, o poco, comunque insufficiente per garantire la continuità del servizio. E quando si chiude un servizio non lo si riapre più: la storia degli altri punti nascita chiusi in regione negli ultimi anni è lì ad insegnarcelo, in barba alle promesse elettorali di un Bonaccini ormai a mezzo servizio.

Si pagano oggi errori storici, a partire da una programmazione territoriale sbagliata che ha accentrato i servizi sanitari su Modena impoverendo la rete periferica (il decennale ritardo sulla Casa della Salute di Finale Emilia è lì a dimostrarcelo ogni giorno) e continuando ad impoverirla. La creazione di un nuovo grande ospedale a Carpi in zona Fossoli conferma la volontà di disinvestire nella bassa modenese, perché è evidente a tutti che non ci potranno essere due ospedali di “pari livello” nello stesso territorio.

Si pagano errori di programmazione e si pagano anni di continui definanziamenti, tagli ai posti letto, insensati numeri chiusi nelle facoltà di medicina, errori nella programmazione del fabbisogno di professionisti, mancanza di risorse per una adeguata retribuzione del personale: sono queste le cause della agonia del Servizio Sanitario Pubblico. In compenso il trasferimento di denaro pubblico verso il privato accreditato è in costante aumento e anche in Emilia-Romagna ormai si affidano ai privati interi reperti e si fa ampio ricorso ai cosiddetti gettonisti.

Questo è un brutto colpo per la bassa modenese, da anni guidata da una classe politica incapace di rappresentare le esigenze e i bisogni del territorio e della popolazione. La surreale vicenda di un’Autostrada Cispadana irrealizzabile, insostenibile e non funzionale ai bisogni di mobilità del distretto, eppure tanto agognata dai sindaci, sta lì a dimostrarlo.

Stefano Lugli
Co-Segretario regionale
Rifondazione Comunista Emilia-Romagna

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