No al Jobs Act

5 Dicembre 2014 by

L’Altra Emilia Romagna esprime sdegno e contrarietà al Job’s Act che il Governo ha fatto approvare ponendo la fiducia ed esautorando così, ancora una volta, il Parlamento. Nonostante gli annunci del governo il Job’s Act si appresta a sferrare l’ultimo attacco ai diritti e alle tutele residue dei lavoratori.

L’introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti elimina la possibilità per i neo assunti di richiedere il reintegro nel posto di lavoro anche nei casi in cui il licenziamento venga ritenuto illegittimo.

La retorica renziana, tutta tesa a raccontare la riforma come una svolta epocale che darà nuovi posti di lavoro alle giovani generazioni, si scontra con un provvedimento che renderà la carriera professionale dei neo-assunti appesa alla buona o cattiva volontà degli imprenditori e che cancella, di fatto, i diritti delle lavoratrici madri. L’istituto del contratto a tempo indeterminato verrà svuotato della sua funzione originaria, ossia garantire stabilità e qualità occupazionale.

Non sorprende infatti come la riforma abbia riscaldato i cuori di Confindustria.

Il governo continua a raccontare che il Job’s Act mira a combattere la precarietà, intervenendo sulla riduzione dei contratti atipici, in particolare co.co.pro e co.co.co.

Nulla di più inesatto, prima di tutto perché i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co) sono stati cancellati già dalla Riforma Fornero nel privato, mentre continuano ad operare nella Pubblica Amministrazione.

Sui contratti a progetto (co.co.pro) la delega parla di una cancellazione “fino ad esaurimento” cosa si intenda con questa formula non è dato sapersi. Ma la contraddizione è evidente quando la retorica si sposta sul tema degli ammortizzatori sociali. La delega infatti, intervenendo sul riordino degli ammortizzatori sociali, indica un’estensione delle indennità ai precari. Verrebbe da dire delle due l’una. O si cancellano i contratti atipici o si estendono le tutele agli atipici. Se i co.co.pro e i co.co.co non ci saranno più, chi saranno i destinatari delle indennità di disoccupazione?

L’unica certezza sembrano essere i 2,9 miliardi che il governo intende investire, una cifra che se divisa solamente per i 300.000 collaboratori a progetto considerati “eleggibili” secondo i criteri previsti dalla riforma Fornero (aver lavorato per almeno 3 mesi in un anno), si trasformerebbero in un reddito annuo di 7.555 euro, ovvero 629 euro al mese.

Da questo conteggio verranno probabilmente esclusi più della metà dei precari, che non percepiranno nessuna indennità. Salvo che il governo non voglia dividere i 2,9 mld a tutta la platea dei precari (eleggibili e non), in una vera e propria campagna di elemosina di Stato.

 

L’Altra Emilia Romagna crede non sia più rimandabile una riforma del welfare in senso universalistico con l’introduzione di un reddito minimo garantito, che assicuri i lavoratori contro il ricatto dei bassi salari e delle scarse tutele.

Una misura che intervenga sulla condizione reddituale dei cittadini, indipendentemente dalle carriere contributive, per garantire a tutti quella vita dignitosa e libera prevista dall’art. 36 della Costituzione.

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