Marichuy: dobbiamo organizzare il dolore e la rabbia

18 Ottobre 2017 by

La nostra compagna Angela Bellei si trova in Chiapas, e ci invia periodicamente alcuni “diari di viaggio”. Oggi ci racconta il cammino elettorale avviato da Marichuy, la prima donna indigena candidata alla Presidenza della Repubblica.

Il 7 ottobre, è iniziato in Messico il percorso elettorale che il 1° luglio 2018 rinnoverà la Presidenza della Repubblica, del Senato, della Camera dei Deputati, il governatore locale, il Congresso di Stato e 121 comuni.

Per la prima volta si realizza la possibilità che una donna indigena, portavoce del Congresso Nazionale Indigeno (composto da 840 delegati), e dell’EZLN appaia sulla scheda elettorale per dare voce alle popolazioni che vivono in basso e i lavoratori del Messico. Si riapre la concreta opportunità per milioni di sfruttati di porre le basi per pensare ad un nuovo paese e un mondo nuovo; di tradurre l’indignazione in offensiva che non solo scuota il sistema politico nazionale, ma permetta di aprire le strade per ricostruire il paese. A partire dai gravi problemi sociali, ambientali, politici, culturali ed economici che sono ora distrutti dalla corruzione e dalla ambizione di pochi.

Dopo la registrazione come candidata indipendente per la Presidenza della Repubblica, María de Jesús Patricio Martinez, (Marichuy) ha denunciato le difficoltà e la discriminazione subita nel processo di registrazione: le istituzioni bancarie hanno rifiutato di aprire il conto previsto dalla legge ed altri ostacoli sono venuti dall’Istituito Elettorale Nazionale.

Sarà portavoce di 60 popoli indigeni dislocati in tutto il paese, con un una popolazione di 15 milioni di persone e non riceverà nessun tipo di sovvenzione pubblica.

Questa è la prima volta nella storia del Messico che una donna indigena è chiamata a competere per la Presidenza della Repubblica.

María de Jesús Patricio Martínez, nota anche come Marichuy, ha 54 anni ed è originaria di Jalisco. È di etnia Nahua, medico tradizionale e difensore dei diritti umani in Messico

Dopo le scuole superiori è stata affascinata dalle vecchie donne della sua comunità, tra cui le zie e la nonna, che curavano i malati di paura, spavento, bile, debolezza o calore. Nel 1987 la madre ha perso la mobilità delle gambe e, dopo tre anni di cure con medici specialisti senza vedere miglioramenti, ha deciso di chiedere consigli ai guaritori della sua comunità. Dopo tre mesi di trattamenti sua madre camminava di nuovo. Con questa esperienza Maria de Jesus ha deciso di continuare a imparare la medicina tradizionale per evitare la morte di coloro che non trovano una cura per i loro mali. Nel 1994, a seguito della rivolta dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, la comunità di Tuxpan fu invitata a partecipare a un forum nazionale indigeno, convocato dal movimento Zapatista, che si tenne a San Cristóbal de las Casas, e María de Jesús fu eletta come rappresentante. Grazie al suo impegno per la lotta contro il maschilismo e la ricostituzione delle comunità, nonché la sua costante presenza, Maria de Jesus ha avuto l’opportunità, il 29 marzo 2001, come partecipante della Marcia del colore della terra, di parlare a nome delle donne indigene del Messico, prima del Congresso dell’Unione, per rendere chiaro che il processo di ricostituzione integrale delle popolazioni indigene del paese e la conquista della libertà, sono compiti che competono sia agli uomini che alle donne.

Nel 1995 è stata aperta a Tuxpan la Casa della Salute, in cui Marichuy ha iniziato a collaborare con la sua conoscenza della medicina tradizionale e della medicina erboristica. Per il suo lavoro nella medicina tradizionale e il recupero dell’uso delle piante officinali, nel maggio 2015 le è stato assegnato il premio Merit Tuxpanense da quel comune.

Nel primo messaggio che Marichuy ha inviato al popolo messicano chiede: “Come andremo avanti? Al passo dei popoli indigeni, con il sostegno della gente, con il sostegno delle nostre comunità, così come si organizzano le feste nelle comunità, nello stesso modo in cui ci organizziamo per accogliere persone di altre comunità: ci prendiamo la responsabilità, così faremo. Che sia chiaro che non accetteremo neanche un peso dall’Istituto Elettorale Nazionale.

Tutto quel che intraprenderemo sarà grazie al sostegno di tutti. Andremo avanti in questo modo. Anche perché si è visto chiaramente, soprattutto in questi tempi recenti di catastrofe, che a loro non interessa la gente dal basso, vogliono solo sterminarci e toglierci di mezzo. Così come sono venuti ad eliminare i popoli indigeni. Ci hanno imposto piani e programmi per garantire il saccheggio e questa divisione. È ovvio che la gente dal basso per loro non esiste. Quel che dobbiamo fare è organizzarci, darci una mano e mettere fine insieme a questo sistema capitalista, patriarcale, razzista, classista, perché lo stiamo vivendo sulla nostra pelle. Dobbiamo fare questo passo, organizzarci, per poter portare avanti questa proposta che nasce dai popoli indigeni e che non è un’invenzione, perché l’abbiamo vissuta per anni.

Perché non sono riusciti ad eliminarci, perché l’organizzazione che abbiamo dura da anni, da decine di anni. Quest’organizzazione che abbiamo ereditato vogliamo proporla a tutti i messicani.

Anche perché i popoli indigeni non possono continuare da soli, per questo chiediamo il sostegno dei lavoratori della campagna e della città, uniti dobbiamo fare uno sforzo per andare avanti e riscattare le nostre zone, i nostri quartieri, i nostri villaggi, insieme ai popoli indigeni. Saranno loro a mostrarci come camminare.

Inoltre, come donna, come madre, come lavoratrice, dico che dobbiamo lottare contro il maschilismo, contro il classismo, contro questo sistema patriarcale che vuole eliminarci a tutti i costi, che vuole separarci facendoci credere che solo gli uomini sono in grado di fare. Se i nostri popoli vivono questa discriminazione, le donne ancor di più, e non solo nei villaggi, ma anche a livello nazionale.

La lotta non è solo a livello nazionale, ma mondiale, per questo dobbiamo mostrare tutti i dolori che viviamo nelle comunità, e dobbiamo organizzare questo dolore e questa rabbia.”

Dal 14 al 19 ottobre Marichuy sarà nelle comunità zapatiste del Chiapas. E noi la seguiremo.

Angela Bellei – Comitato Politico Federale PRC Modena

Qua potete leggere i precenti diari di viaggio di Angelo Bellei:
Dal Chiapas racconto di un viaggio ai confini con l’umanità
Dal Chiapas con paura e fiducia

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