No alla chiusura del punto nascita di Pavullo e alla guerra tra poveri in sanità

9 Ottobre 2017 by

Se la montagna piange la bassa non ride. La decisione di lasciare aperto il punto nascita di Mirandola non è una vittoria ma solo una tregua

Nel 2016 il punto nascita di Pavullo non ha raggiunto il numero di 500 parti/anno, il parametro fissato come minimo per garantire gli standard richiesti per gestire un parto in sicurezza. Mentre le ricerche psicosociali sono intente a sviluppare e addirittura a superare  il concetto di benessere, le politiche del welfare continuano la loro folle corsa verso la cultura del malessere, tendendo sempre di più a ricondurre tutto ai numeri.

Le lotte delle donne negli anni ’70 e ’80 avevano ottenuto eccellenti esperienze per la cura e la gestione di uno dei momenti più importanti nella vita di ogni persona, la nascita. L’atto del generare, il momento del parto, i primi respiri autonomi della neonata o del neonato, la cura della madre sono stati oggetto e soggetto di ricerca e sperimentazione. Tutto ciò ha riversato analoga riflessione ed elaborazione sui luoghi dove avviene il parto, portando innovazioni che mettevano in primo piano le esigenze delle persone rispetto alle prassi sanitarie: le tecniche di preparazione al parto, il parto in casa, così come quello in acqua, la presenza partecipe dell’altro genitore, l’attesa per il taglio del cordone ombelicale, l’importanza del primissimo allattamento. L’elenco prosegue ancora, ma tutto avvenne con una nuova e non scontata alleanza tra le donne e la sanità che ha portato alla definizione di un luogo, il punto nascita, e di un metodo, il piano del parto.

Era necessario ripercorrere questo processo per ribadire, con ferma e irremovibile convinzione, la nostra piena opposizione alle chiusure dei punti nascita dovute all’applicazione di statistiche e valutazioni quantitative. Si parla di un evento, la nascita, che riguarda le persone, tutte, e che in alcun modo deve essere privato di una logica qualitativa. Rifondazione comunista chiede la revoca immediata della chiusura del punto nascita di Pavullo, e si schiera a fianco delle donne e degli uomini che vengono privati oggi di questo indispensabile servizio o che rischiano di vedersene privati in futuro.

Perché deve essere chiaro che se la montagna piange la bassa non ride. E alle donne e agli uomini che vivono nella bassa diciamo che la decisione di lasciare aperto il punto nascita di Mirandola perchè area terremotata non è una vittoria per quel territorio. E’ solo una tregua, e se non cambiamo politiche rima o poi la chiusura del punto nascita toccherà anche la bassa.

E diciamo anche che non ci piace la solita tattica della guerra tra poveri, che consiste nel mettere la decisione di chiudere il punto nascita di Pavullo e tenere aperto quello di Mirandola a confronto per far sì che si pensi che tra due se ne doveva chiudere uno. Il solito e già visto giochetto di instillare nelle persone la cultura del “o noi o loro”.

Rifondazione comunista ritiene invece che esista solo un noi, una collettività che deve godere degli stessi diritti ovunque.

Judith Pinnock – Segretaria PRC Federazione di Modena

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